3.
Ho dormito uno schifo, ma una lama dorata penetra dalla
persiana chiusa, rivelando che il buco se n’è andato, ed ogni colore è colato
goccia a goccia al suo posto, dipingendo un mondo nuovo. Nuovo. Perché niente
può più essere com’era prima che quel buco apparisse.
Oggi non sono di servizio, una bella doccia, poi mi
metto la tuta e vado a correre.
L’aria frizzante mi riempie la gola, e la luce del sole
si posa tiepida sulla mia pelle. Piacevole.
Sembra che una mano divina abbia
spazzato via il piombo che oscurava il cielo da così tanti giorni, per regalare
l’azzurro di un cielo limpido, lavato dalla molta pioggia caduta.
E cazzo, è
proprio vero che uno sbirro non è
mai fuori servizio, sudato e affannato salgo in ufficio e frugo nei rapporti
alla ricerca di una spiegazione.
Il rapporto preliminare. Stilato da un insonne collega
che, pressato dai molti superiori, ha trascorso la notte a cercare di dare un
senso a quel che senso non ha.
Porte e finestre chiuse con chiavistelli.
Nessuna traccia di intrusione.
Per entrare i colleghi hanno dovuto sfondare la porta.
Ventitré trappole per topo sparse per tutta la stanza, a
circondare il corpo (quel buco).
Un thermos pieno di caffè caldo, posato a terra vicino
al divano.
Avanti, deve esserci qualcosa, qua dentro, che dica che
cazzo è successo.
Niente.
A quanto pare ha fatto tutto da solo.
Ha preparato un thermos di caffè nero, forte ed amaro.
 |
Ventitré trappole per topo senza esca |
Ha costellato il pavimento di trappole.
Ha preso un martello.
Si è sfondato lo sterno, assestando otto violenti colpi.
Macellando la carne.
Spezzando le ossa.
Fegato, stomaco, cuore e polmoni crivellati di schegge.
E poi fine.
Il silenzio.
E quell’orribile ghigno tronfio stampato sul viso.
Non ha senso.
4.
Che or’è?
Le due di notte, mi lampeggia in risposta il display del
lettore DVD sotto al televisore.
Ma chi c’è? Non c’è nessuno, pirla. Chi vuoi che ci sia.
Ti sei addormentato sul divano e hai fatto dei brutti sogni.
Nessuno dovrebbe mai vedere un buco che inghiotte tutti
i colori del mondo.
Ti stupisci di aver fatto brutti sogni?
Ma che cazzo è stato. Sembrava che ci fosse qualcosa che
si muove, là, al limite del campo visivo, ma è solo un istante, e quando giro
lo sguardo tutto è fermo nella penombra della lampada da tavolino che ho
lasciato accesa quando mi sono addormentato.
Nervi tesi.
Nessuno dovrebbe vedere quel che hai visto. Domani come
prima cosa telefoni alla strizzacervelli del dipartimento, anche se tu hai
sempre detto che sono stronzate da femminuccia, e ci fai una bella
chiacchierata. E’ anche scopabile, magari le fai pena e prova a guarirti dall’orrore con una sana seduta di vita. Ora però dormi, che altrimenti domani avrai
una faccia inguardabile, e te la scordi la psico gnocca.
5.
L’investigativa è sommersa nel torpore, tutto si muove
al rallentatore, persino i telefoni sembrano non aver voglia di squillare,
oggi.
Fabbri non si è visto. Un’influenza, pare.
Lazzarini e Santi sembrano due fidanzatini dopo una
furente lite, si spiano di sottecchi l’un l’altro senza mai rivolgersi la
parola. E questo è solo un bene, non sopporterei le coglionate che spara Santi
di continuo.
Suicidio.
Bella parola. Semplice. Pulita. Sembra spiegare tutto.
Soprattutto se la leggi nella prima pagina del Resto del Carlino, nella cronaca
cittadina. E’ questo il bello dei giornali, rendono vera ogni notizia
pubblichino. Vera e credibile.
Chiunque non sia entrato in quella stanza sarà
soddisfatto di questo risultato.
Nessun assassino di sbirri da dover catturare, solo un
imbrattacarte che, a forza di studiare le menti criminali, è giunto alla
conclusione che è meglio farla finita.
Chiunque non abbia visto quella maschera di sadico
trionfo sarà soddisfatto.
Sicuramente lo è il questore, visto che ancora non si è
messo ad urlare dal suo ufficio, per pretendere qualche acrobazia mirabolante
che giustifichi il perché un uomo è diventato un buco. Circondato da ventitré trappole. Ventrité trappole! Senza esca.
Fortunatamente la dottoressa del dipartimento ha
accettato di ricevermi nel pomeriggio, robe da femminuccia, certo, ma a me
basta che mi dia qualcosa per dormire.
Non posso continuare a svegliarmi di soprassalto con
quel fiore davanti agli occhi, che da rosso diventa nero, man mano che il mondo
gli cola dentro.
6.
Sfrecciare nel traffico con la moto mi fa sentire
libero. Leggero. Peccato che ogni viaggio, breve o lungo che sia, debba
forzatamente trovare la sua fine, altrimenti sarei capace di continuare a
correre nel traffico per sempre. A questa velocità si ha l’impressione di
seminare i pensieri.
Lei mi aspetta. La ricordavo più carina, ma ovviamente
niente è più come lo ricordavo.
Mi stringe la mano e mi fa accomodare su un divano molto
comodo, lei si siede sulla poltrona accanto ed accavalla le gambe, lunghe ed
affusolate, inguainate in calze velatissime, la minigonna che concede un vasto
nonché piacevole panorama ai miei occhi.
Saltiamo i convenevoli, le dico. Non ho fiducia né in
lei né nel suo lavoro, aggiungo, ma ho bisogno di (dormire) parlare con
qualcuno.
I suoi occhi mi osservano con distacco, mentre le
racconto di come, all’improvviso, tutti i colori del mondo siano spariti,
inghiottiti da quel buco, così rosso da far scolorire ogni cosa.
E quello? Era un sorrisetto di scherno? O compassione?
Che cazzo hai da ridere, troia. Vorrei che avesti visto
tu quel che abbiamo visto noi. Non avresti più tanta voglia di ridere.
E’ stato un errore, venire qua. Balbettando invento una
scusa per andarmene, e quando sono vicino alla porta lei mi ricorda che è a mia
disposizione, se vorrò continuare a parlarle.
La foto alla parete, lei in compagnia dell’ispettore
capo.
Cazzo, che scemo. Eri ad un passo dalla promozione. Ma
ora… Ora quella troia dirà al suo amichetto che sei pazzo, nevrotico, ti sei
rovinato la vita con le tue stesse mani. E tu, cretino, che pensavi di
scopartela. Figurati se quella si fa scopare da te. Lei si fa sbattere solo da
alti graduati.
Ed ora ti metterà nella merda fino al collo.
Segue