06/06/13

Perdizione

Io sono il Demiurgo! 

Questa era la vanteria di cui andavo fregiandomi meno di due mesi or sono, quando dettavo le prime regole di questo mondo, fatto di nebbia, di buio, di freddo. 

Di solitudine. 

Siamo soli, amico mio. Io da un lato, e tu dall'altro della finestra. 

Ci dividono la tenda, che ogni sera apro un poco di più, per permetterti di spiare più comodamente la danza della fiammella che la candela proietta su di me, un muro invalicabile, e la mia imperfezione di divinità incompleta. 

Divinità di un mondo approssimato, tua creatrice, tua dea, regina e schiava.

Tuo tutto. 

                                    E tuo niente. 

Incapace di darti quella scintilla divina che ti trasformerà da fantasia a realtà, donandoti la forza di scavalcare i muri, strappare i tessuti, e pretendermi. 

Se Pigmalione ha amato così fortemente la sua creatura da donarle la vita, perché il mio desiderio non è sufficiente a trasformare te, entità plasmata nell'energia pura del pensiero, in creatura vivente, calda di sangue e pulsante di brama? 

Quella stessa brama che so che ti brucia, notte dopo notte, istante dopo istante, e che ti fa desiderare di poter trasformare la mia materia in semplice energia, così da rendermi simile a te, allo stesso modo in cui io ti vorrei carne. 

Come in un mito greco: tu mi guardi ed io mi lascio guardare, e assieme immaginiamo quell'attimo perfetto in cui la creatura può finalmente sfiorare il creatore, quell'unico punto dell'universo in cui le energie convergono in un unico istante, prima che lo specchio si capovolga, e io divenga il tuo sogno, e tu il mio creatore, il mio dio, il mio re, il mio schiavo. 

E tu lo sai, qual'è quell'unico punto e quell'unico istante. 

E' proprio il filo sottile che divide la sanità dalla malattia, un istante prima di lasciarsi cadere nel baratro, ed affondare in un vortice di follia, piacere e perdizione. 




Perdizione, parola sopra ogni altra "affascinantissima", già te lo dissi, ma forse non lo ricordi e alcuni concetti vanno ripetuti. 

Non esiste perversione, nel mio mondo. 

Ogni cosa è lecita, fin quando ci sarà rispetto e fin quando saremo entrambi consenzienti. 

Perversione è una parola malata, insana. 

So che spesso dico di esserlo, malata ed insana, ma è un concetto relativizzato a circostanze particolari, e non sfiora quello che mi lega a te, che sei la mia creatura più perfetta. Cesellata in ogni più piccolo dettaglio, fino all'ultimo difetto. 

Per tale ragione, nel mio vocabolario, la parola Perversione non esiste, ed è sostituita dall'altra, molto più sublime, Perdizione, appunto. 

Abbandonarsi al desiderio, fino a perdersi in esso e lasciarsi divorare. 

Desidero, fortemente desidero. Non posso fare diversamente. 

Puoi incolpare d'omicidio la belva feroce che ha sbranato un uomo nella savana? E' nella sua natura uccidere! 

Puoi incolpare me di desiderare? E' la discriminante che mi ha resa quello che sono. Volo, ergo sum!

Perdersi nel piacere di infiniti amplessi, ognuno diverso dall'altro, giocati con malizia, fantasia e nessun pudore. Il pudore è nato solo dopo l'invenzione del peccato, e io non conosco alcun peccato, non avendo nessun Dio che possa giudicarmi. (Solo dIo posso giudicarmi.)

Quindi ora chiudi gli occhi e lascia che la nebbia scivoli sul tuo torace, umida come i miei baci, respirala, dolce come il profumo delle rose che sono ancora fiorite in giardino, assaporala, fresca come l'aria di questa notte, pulita dal temporale che è appena terminato. 

Lascia che la passione ti bruci, perché se io ne avessi modo ti farei davvero ardere di desiderio, prima di concederti sollievo, e sarebbe un lungo, dolce supplizio, a cui non porrei fine facilmente, e non mi lascerei convincere da tue eventuali rimostranze, perché è un bel gioco, vederti spasimare di brama, e vorrei prolungarlo più a lungo possibile. 

E quando il fuoco diventasse così rovente da non essere più sopportabile, allora potresti essere tu ad esigere che l'incendio venga spento, a pretendermi. 

A capovolgere lo specchio. 

E anche quello sarebbe un bel gioco. 


10 commenti:

  1. A volte il desiderio, il fuoco del desiderio e dell'immaginazione, è il gioco migliore.

    Moz-

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    1. Il desiderio, ma attenzione che non mi riferisco a quello puramente sessuale, è il motore che muove il mondo. :)

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  2. Il desiderio è tutto, inafferrabile eppure a volte così concreto.. Ottieni il tuo desiderio e già devi desiderare altro, un sogno con l'aspirazione alla realizzazione

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    1. Vero, per questo affermo spesso che io non posso essere felice. Perché ogni volta che ottengo qualcosa, desidero già altro. :)

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    2. Ma questo vale per tutti, credo sia una cosa implicita nella natura umana soprattutto per quel che concerne i desideri materiali.

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    3. Non è mica vero, sai?

      C'è un sacco di gente che si accontenta di quel che ha, o che raggiunto qualcosa continua a lottare per mantenerlo.

      Ci sono altri, invece, che raggiunto un obiettivo lo dimenticano, perde di importanza, e subito ce n'è uno nuovo dietro l'angolo per cui mordere e graffiare. Come bambini che pestano i piedi per ottenere un giocattolo, e quando lo hanno lo gettano via, già desiderosi di altro.

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    4. Secondo me anche chi si accontenta alla fin fine i propri desideri li cova, solo che è più bravo di altri nel mantenere una forma di " Self Control ".

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    5. Ah... Perdizione e Self Control sono agli antipodi. Non ci si può perdere, se mantieni costantemente l'autocontrollo, ed è così bello perdersi. :)

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  3. Il peccato e' il nome che gli incapaci danno a cio' che non sanno controllare, modellare, vivere ma solo guastare, costtingere, sprecare.

    Gio

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    1. Questo nel singolo.

      Nella società, invece, il peccato è il primo, grossolano, sistema di controllo delle masse. Dopo è arrivata la televisione ^_*

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