28/06/13

Come un sasso affondo

Guardala! 

La vedi, attraverso la tenda socchiusa e la finestra aperta, rannicchiata nel letto, coperta solo da un fine lenzuolo che non la protegge dall'aria gelida della notte che entra dalla finestra che, ostinatamente, ha voluto lasciare aperta? 

Non è meravigliosa la mia bambina? 

Oh, certo, non meravigliosa secondo i vostri piccoli, miseri canoni mortali. No. La sua bellezza è qualcosa che va oltre, io la scorgo nella sua ostinata volontà di farsi del male, nella sua caparbia intenzione di umiliarsi. 

E' così meravigliosa che non potrei esistere, senza di lei. 

Guardala. Non vorresti anche tu farle del male ed aiutarmi a precipitarla ancora più a fondo, nell'abisso dove io vivo, per consegnarla ai miei artigli, alle mie zanne, e permettermi di sbranarne la mente, abbandonandola infine alla follia? Manca così poco. Solo un altro passo e le mancherà il terreno da sotto i piedi. 

Ha lasciato la candela accesa, troppo stanca per spegnerla, o forse troppo spaventata per rimanere al buio, sola con me, così puoi vederla tremare per il freddo e agitarsi seguendo i sogni che io le sussurro alla mente, proprio come quand'era bambina. La mia bambina.

...

Osservo il volto sconosciuto che ospita i miei occhi riflettersi nella superficie nera del lago.

Non è il mio volto. Appartiene ad un'estranea che non riconosco seppure, intimamente, sappia che sono io.

E' notte e fa molto freddo, troppo freddo per essere la fine di giugno.

Ho la pelle d'oca e sono sicura che sia persino livida. I capezzoli, per il freddo, sono così turgidi che mi fanno male.

Attorno a me intuisco, più che vederle, le cime di alte montagne che cancellano le stelle dal cielo, e sopra il mio capo una sottile falce di luna non è sufficiente a rischiarare questa nottata oscura.

Un passo ed i miei piedi, scalzi, si immergono nelle acque gelide.

Guardo il corpo nudo, bellissimo, che si specchia nel lago. Non è il mio corpo. Il mio corpo non ha nulla di bellissimo. Questo invece sarebbe perfetto, meravigliosamente bello, se non fosse che è completamente attraversato da cicatrici, bruciature, artigliate ancora aperte.

Moncherini di ali incapaci di sollevare in volo


Alle spalle vedo i moncherini di due ali, un tempo probabilmente bianche. Ora è come se un morbo indicibile le avesse contaminate, annerendole, smozzicandole, rendendole incapaci di sollevarmi in volo.

Un battito di martello sul legno, ed inizia un'asta.

So che è un'asta, anche se non vedo il battitore.

Riflessi nel lago, attorno a me, centinaia di volti. Tutti uomini. Tutti i miei uomini. Alcuni sconosciuti, forse dimenticati nel vapore del liquore del peccato, la tequila, forse non ancora incontrati. Alcuni volti, pochi, un tempo amati, altri detestati.

Mi fissano come fossi merce da acquistare.

Sento le loro voci scandire dei rilanci e comprendo che non saranno i soldi a comprarmi.

Ognuno offre il modo più turpe, violento e macabro per ferirmi ed umiliarmi, per farmi del male, che riesca ad ideare.

Chi troverà il modo più fantasioso, doloroso ed umiliante per ferirmi vincerà l'asta. Vincerà me.

Solo ora mi rendo conto che ho le mani legate dietro la schiena e che non posso scappare. Non posso andare da nessuna parte, se non verso quell'acqua nera, fredda, in qualche modo nemica.

E finalmente lo vedo, il battitore, a cui spetta il compito di valutare le offerte e scegliere la più appetibile, la più maledetta, la più dolorosa.

Il battitore d'asta. 

Sono IO! 

Non ho scelta. Nessuna scelta se non compiere un altro, ultimo passo in avanti. 

Le acque scure, gelide, mi inghiottono. 

Come un sasso affondo. 

Verso una voragine nera. Sul fondo ad attendermi, lei. La Bestia. Che è me.

Che mi divora.

...

Guardala dimenarsi nei sogni a cui io l'ho incatenata. 

Non è stupenda, la mia bambina? 

Non è meraviglioso come, dormendo, cerchi di ribellarsi al giogo a cui io la costringo? 

Scalcia le coperte e rimane nuda, nella notte, la pelle livida di freddo illuminata dalla fiamma della candela.

Guarda il cuscino, candido, su cui s'apre un fiore rosso di sangue, quando, nel tentativo di fuggirmi, morde le proprie labbra a fondo, ma né il freddo né il dolore possono liberarla da me. 

Perché io la amo da impazzire, e nella pazzia sarà completamente, definitivamente mia.




26/06/13

Io odio


Non mi interessa se è bello
Non mi interessa se ha dei profondi occhi azzurri che tiene sempre puntati su di me
Non mi interessa se è sempre attento ai miei bisogni. 

Io lo odio! 

Non mi interessa se è sempre gentile
Non mi interessa se, come avverte di farmi male, si ferma
Non mi interessa se sorride sempre, e sembra sempre felice di vedermi.

Io lo odio!

Non mi interessa se è rassicurante
Non mi interessa se mi parla sempre molto dolcemente
Non mi interessa se quando abbiamo finito si informa di come sto. 



Io odio il mio dentista! 





25/06/13

Dono o maledizione

"Mi spieghi che ci fai tu agli uomini?"

"Quando lo scopro te lo vengo a dire. Ma se lo scopri tu dimmelo che smetto."

Questo scambio di battute surreale avviene più o meno ogni volta che l'uomo di mia sorella mi sente parlare con lei di qualcuno riapparso dal mio passato, per pretendermi nuovamente nella sua vita.

E' successo ancora una volta quattro giorni fa. Recidivo. Con scadenza semestrale torna a cercarmi.

"Se proprio non vuoi stare assieme a me almeno possiamo scopare?"

No, non possiamo. Perché so benissimo che non è quel che vuoi, che non ti basta e che vuoi mettermi una catena, imprigionarmi, riprendere a martoriarmi con infinite seghe mentali su ogni uomo abbia avuto, con infiniti interrogatori su chi, come e perché.

Io non sono così.
Quando inizio una relazione non voglio saper nulla del passato.
Se ne può parlare, se vuoi, ma non è fondamentale, se non lo è per te, ovviamente.
A me interessa solo adesso, e adesso devo esserci io.

Io sono un animale selvatico. Se mi imprigioni cercherò sempre di scappare. Devi farmi desiderare di restare, un poco come la famosa volpe del Piccolo Principe.

Fino ad oggi solamente una persona è riuscita a non farmi fuggire via. Poi però si è stancato lui. Peccato.

...

Riporto questo commento di Vipero dal post di ieri, Harem:

"Scherzi a parte, sai qual'è il dramma vero? Agognamo una femmina così, poi se la troviamo ce ne innamoriamo perdutamente, vorremmo solo lei, sempre.
Così pensiamo a cosa potremmo fare per trattenerla, e viviamo nell'ansia di rimanere interessanti, dotati, virili e protettivi."


Le sue parole sono la prova diretta di come, a volte, essere un po' diverse dalla norma diventa una vera e propria maledizione.

Essere cresciuta in un ambiente completamente maschile mi ha dato la capacità di conoscere voi, meravigliose creature, così bene da darvi esattamente quel che volete.

Fino a quando non volete altro.

Ed è a quel punto che si rompono i patti.

Troppo spesso, anche in rapporti privi di grande importanza, in cui gelosia o coinvolgimento sentimentale non dovevano entrare, mi è capitato di dover fuggire, inseguita da richieste sempre più pressanti, sempre più invasive, che progressivamente andavano a violare le regole del gioco.

Regole chiaramente esposte fin dal principio, e universalmente accettate.

E dire che sarebbe così facile vivere tutto in modo più lieve, senza pensare al per sempre e al mai.

Invece ci si angoscia a cercare di legare a sé l'altro. Per sempre. E l'ansia di cui lui parla, lentamente, si trasforma in ossessione, l'ossessione in prigione, la prigione spesso in rancore.

Tutto diventa troppo complicato. 

Non ho alcuna voglia di lottare ogni giorno con le altrui ossessioni.

Neanche quando l'altrui ossessione sono io.




24/06/13

Harem

Da bambina amavo molto mio padre.

E lui amava molto le moto e le auto. Passavo le ore assieme a lui, la domenica, a guardare le corse, e mi ero così applicata da essere capace di riconoscere ogni moto all'epoca in commercio dal rombo del motore, ed ogni auto dalla sagoma dei fanali, la notte, solo per compiacerlo.

E lui, orgogliosamente, non perdeva occasione di sfoggiare le mie capacità, trasformandomi in un'adorabile infiltrata, la mascotte del gruppo di maschi motociclisti suoi amici, i quali facevano a gara a spupazzare la bambolina che conosceva le moto meglio di loro, unica femmina in un mondo maschile.

Della mia infanzia quelli sono fra i momenti che ricordo con più piacere. Io, principessa contesa da quei cavalieri, i cui destrieri erano fatti di metallo e cromature, rombavano come un tuono e volavano veloci come il vento.

...

Ben presto mi sono resa conto che conoscere il suono del motore di una moto non era più un buon modo per ottenere quelle meravigliose attenzioni, ma la natura è venuta in mio soccorso, dotandomi oltre che di una mente acuta, anche di un'altra generosa, abbondante ed altrettanto utile qualità, di cui inconsciamente già all'età di dodici anni iniziavo a fare uso, per manovrare a mio piacere i compagni di classe.

Fin da piccola, ogni anno passavamo un paio di settimane in montagna, sulle Dolomiti, e a quattordici anni mi accorsi che alcune delle guide amici di mio padre avevano preso a comportarsi, e soprattutto a guardarmi, in modo diverso.

Fu un attimo, per me, approfittare di tale situazione.

Adolescente, ribelle ed edonista, grazie alla supervisione di adulti amici di papà, sfuggivo al giogo del controllo paterno, girandomi tali adulti sulla punta delle dita e facendomi accompagnare ovunque io volessi.

Niente di particolarmente grave o scabroso.

Semplicemente loro mi portavano in quei luoghi oscuri dove mai donna deve mettere piede, un po' come sul ponte di una nave pirata. I Sancta Sanctorum delle guide alpine, dove generazioni di uomini si sono trovati a fumare, giocare a carte, bere grappa e soprattutto bestemmiare.

Mai alcuna donna, tranne la sottoscritta. Quando arrivavamo ai vari rifugi era sempre un gran fermento:

"C'è il Sandro con la figlia del bolognese."

E le bottiglie di grappa migliore venivano aperte, i bicchieri riempiti, ed i santi uccisi in un tiro a segno che non risparmiava nessun giorno del calendario, in un'allegria assolutamente casta, maschile, e ancora una volta io ero la principessa in un mondo che, normalmente, non ammette presenza femminea.

...

Alle superiori scelsi un indirizzo elettronico, eravamo in cinque ragazze a inizio anno. Dalle vacanze natalizie rientrai solo io, le altre quattro si erano arrese ai soprusi dei fanciulli. Io ho dovuto sudare parecchio, ma so come farmi valere, se serve.

E so anche come farmi amare. Non dimenticare, amico mio, che la parte migliore di me è il mio cervello, e lo uso. Anche quando mi fa comodo fingere di no.

In ogni caso, dopo un braccio di ferro durato diversi mesi, si è venuta a creare la situazione perfetta. Io e cinquecento ragazzi.

Mai mischiare piacere e dovere, e la scuola, tutto sommato, è pur sempre un dovere, anche se ho sempre saputo trarre il massimo piacere da ogni situazione, per cui non c'era nessun genere di coinvolgimento sessuale. Men che meno sentimentale. 

Però potevano adorarmi incondizionatamente. Glielo permettevo a rotazione. L'ultimo anno venivo segnata assente, ma ero a scuola, nel bagno delle donne. Ero l'unica, era mio. E della mia corte.

...

Poi cresci e ti vengono a raccontare della monogamia, della gelosia, e scopri che ti hanno fregata alla grande.

Che dopo un poco che giochi o sei disposta a fare la persona seria, oppure il compagno di giochi se ne va.

E se anche ci provi, a crescere, sei fregata due volte, perché il tizio di turno inizia ad essere geloso di tutti i tizi che ci sono stati prima di lui.

Tutto diventa molto complicato. E troppo poco piacevole. 

Io rivoglio il mio harem! 

Oppure un tizio che sia psicopatico almeno quanto me, con almeno una ventina di personalità diverse con cui poter giocare!

Con un uomo del genere, con le mie gemelle cattive, con i suoi gemelli buoni, potremmo divertirci finché dura la notte.

Altroché harem! 

Sarebbe una vera orgia! 





Io sono ISSIMA. Almeno a detta di "chi" mi ha "regalato" questo pezzo. 
Non mi stancherò mai di ringraziarlo per tal presa per i fondelli! 



21/06/13

Sembra seta

E' molto caldo, questa notte, amico mio. 

Nel giardino, oltre la finestra, fra le siepi di alloro, dietro l'oleandro che ora è fiorito, il caldo è insopportabile. Anche se si è alzato il vento è così caldo che neanche i grilli hanno la forza di cantare e l'unico suono che sento è il fruscio delle fronde delle betulle, oltre ad un altro fruscio, ben meno poetico, quello del ventilatore che dirige sulla mia pelle nuda un getto di aria fresca, che mi concede sollievo da questa afa, insopportabile per me che sono una creatura crepuscolare, autunnale. 

La fiamma della candela ondeggia, oggi più distante per poter sopravvivere al vento artificiale che mi soffia addosso, e disegna ombre danzanti che sembrano volersi staccare dalle pareti per partecipare di questa notte che sembra seta





Questi sono i giorni in cui l'umanità si abbandona alle sfrenate pratiche pagane dei riti estivi, le donne sono sempre più svestite, i corteggiamenti sempre più espliciti, gli accoppiamenti sempre più promiscui. 

Io, invece, preferisco abbandonarmi ad un ritiro solitario e purificatore. 

Non è tempo per la Nebbia, questo. Se ti guardi attorno non ne troverai traccia. Se chiudi gli occhi non riesci a sentirne le dita fredde che si arrampicano sulla tua schiena. 

Resto sola, nel silenzio frusciante di ventilatori e foglie, e mentre carezzo la mia pelle che sembra seta mi accorgo che in questo momento regna l'assoluta quiete. 


Non parla nessuno. 

Sono tutte addormentate, anche la Vocina, anche la Bestia.

Ci sono solo io. 

E la piacevole sensazione della mia pelle sotto le mie dita.



Lentamente evaporo.





20/06/13

Boobs

Il solito club, i soliti amici come al solito gay, la musica sempre sparata a palla, cattiva, che ti fa vibrare fin nelle viscere, la luce che non c'è per permettere coiti più o meno clandestini. 

L'alcool che scende a scaldare e tutto, fra un flash e l'altro delle stroboscopiche, che pare muoversi al rallentatore, come se in quel posto il tempo seguisse un ritmo più lascivo, peccaminoso. 

Il mio habitat ideale. Io e decine di uomini. Testosterone ovunque. Coccolata e viziata come una regina. E, fra tutti quegli uomini gay, sicuramente c'è un bisex che ha voglia di trasgredire. C'è sempre. 

I miei amici rosicano parecchio, perché non ho mai mancato una sera, etero in un locale gay trovo sempre un uomo che mi desideri, quando loro spesso se ne tornano a casa in bianco. 

E' il fascino della pecora nera, della mosca bianca, dell'essere diversi, probabilmente. 

O forse è semplicemente che là, in mezzo a quegli uomini dotati di una sensibilità particolare, che mi fanno sentire completamente al sicuro, che mi trattano con una delicatezza che un uomo etero non ha mai mostrato, riesco ad essere più libera, a distruggere le molte maschere che solitamente indosso, ad abbandonarmi esclusivamente al piacere dell'alcool che mi scioglie, della musica che mi trascina e degli ormoni che saturano l'aria, che mi fanno perdere in un vortice di desiderio. 

Secondo i miei amici è che attorno a me aleggia una nube di feromoni che manco uno sciame impazzito di insetti ne emana tanti. 

Qualsiasi sia la spiegazione, in genere se voglio incontrare un uomo, lo incontro. 

Un ragazzo mi si avvicina, balla con me, si struscia su di me. E' più giovane di qualche anno, o così mi pare nella scarsa illuminazione lampeggiante. Efebico, lo definirei. Non tanto alto, moro, con occhi scuri e profondi. I capelli acconciati in un'anacronistica pettinatura anni '50 che lo fa assomigliare vagamente a Jhonny Depp nel film "Cry Baby". 

Improvvisamente parte la mezz'ora dei lenti. Odio la mezz'ora dei lenti, così mi allontano dalla pista diretta al bar. 

Ho le mie regole, dopo tre tequila sale e limone mi concedo al massimo un margarita, per non perdere mai completamente il controllo. Mentre aspetto che il barman mi prepari il drink noto con una certa delusione che il tipo non mi ha seguita. 

Peccato. Forse questa sera la mia serie fortunata si interrompe, e per la prima volta dovrò subire i lazzi dei miei amici, invece che sfotterli come succede ogni volta, quando si rincasa. 

Alcuni di loro sono là al nostro tavolo, aggrovigliati in una scultura post moderna che mi strappa un sorriso, e invece che raggiungerli siedo ad un divanetto poco distante, sorseggiando il drink dolce e salato che mi brucia le labbra, guardandoli sfacciatamente senza celare una punta di invidia, quando il tipo che ha ballato con me mi si siede accanto. 

Anche questa sera la mia serie fortunata prosegue. Ancora una volta uscirò dal club con un orgasmo assicurato, rubato su un divanetto di un locale gay, o forse, se il tizio si dimostra particolarmente abile a convincermi, proseguito nel bagno delle donne, che tanto è esclusivamente mio. 

Nonostante l'aspetto di giovane inesperto, non mostra il minimo segno di incertezza. Pochi baci e già le sue mani si aggrappano ai miei seni, stringono, pizzicano i capezzoli. Le labbra frugano il mio collo, mordono con sapiente delicatezza la carne. Lo lascio fare, mi piacciono molto gli uomini che sanno muoversi e che prendono le iniziative.

Alzando lo sguardo vedo alcuni dei miei amici che si sbracciano verso di me, facendo gesti incomprensibili, che immediatamente interpreto come l'ennesimo segnale di invidia per la mia ennesima "conquista", che contraccambio con un giocoso innalzare del medio sinistro, per poi ignorarli completamente ed abbandonarmi alle attenzioni che il ragazzo sta dedicando al mio corpo, le sue mani che già sono scese fra le mie cosce e carezzano l'inguine, facendomi ancora solo desiderare un contatto più intimo e deciso. 

M'abbasso su di lui, voglio la pelle del suo petto, leccarla, assaporarla, morderla, con le dita scivolo sui suoi fianchi, sotto la maglietta, la lingua si appoggia sul suo ventre. 

Ma non è carne, quella che sento. Tessuto. Color carne. Elasticizzato. 

Mi stacco di colpo. Non capisco. La luce è davvero troppo bassa per vedere cos'ho davanti, e le mie mani proseguono ad alzare la shirt, scoprendo sempre più qualcosa che non mi sarei mai aspettata. 

Improvvisamente mi rendo conto. 

Un seno. 

Violentato. 

Umiliato. 

Compresso in una fasciatura elastica così stretta da farlo sparire. 

Un senso di nausea violento mi assale. 

Spingo lontano da me la tipa, rischiando di gettarla a terra, e mi alzo di scatto, portando le mie mani sui miei seni, di cui sono sempre stata piuttosto orgogliosa e che non ho mai nascosto, rimanendo a fissarla a circa un metro e mezzo di distanza. 

Lei si alza di scatto, portando a sua volta le mani su quei poveri seni, ospiti di un'ingenerosa padrona, fissandomi credo con la medesima espressione stupita che devo avere io. 

...

Non ho mai scelto gli amici in base ai loro gusti sessuali. Credo di averne di ogni genere, ma io sono profondamente, esclusivamente, etero. 

E' più forte di me. A me piace l'uomo a 360 gradi. Sono un maschiaccio e l'uomo per me è un ottimo amico, complice e compagno di marachelle, ma quando si parla di sesso divento femmina. E l'uomo deve tirare fuori gli attributi. E non solo metaforicamente. 

Non servono altre tette, al di fuori delle mie! Bastano per tutti e due.

E se non bastano, allora te ne puoi anche cercare delle altre, non ci sono problemi, ma dentro al mio letto, o sul tavolo, in macchina, nella doccia o dove vuoi, le uniche tette che devono esserci sono le mie!  

Fin da quando avevo dodici anni mi sono trovata in compagnia di un seno generoso, che non passava inosservato neanche sotto un maglione di un paio di taglie più grande. 

E ne sono sempre stata fiera. 

Vedere quell'altro seno, sicuramente meno abbondante, così maltrattato è stato per me un vero e proprio shock emotivo. 




Improvvisamente il precedente sbracciarsi dei miei amici ha assunto tutto un altro significato, non più di scherzosa rabbia ma segnale di pericolo, purtroppo da me incompreso.

E fortunatamente sono là, a pochi passi, pronti a correre in nostro aiuto. 

"E' una donna!" 

Ripeto ossessivamente, ormai completamente, irrimediabilmente sobria, l'eccitazione svanita, il dolce abbandono dei sensi soppiantato da una crescente isteria. 

"E' etero!"

Ripete ossessivamente anche lei, soccorsa da due dei miei "ragazzi", che cercano di spiegarle che se lei non fosse nuova del locale lo saprebbe che io sono etero, perché io ci sono sempre in quel posto, e che non è un peccato capitale esserlo, come non lo è essere gay. 

"Doveva dirmelo che era una donna." 

Balbetto. Ecco, onestamente se me l'avesse detto forse ci avrei anche provato. Poi mi sarei trovata davanti all'ostacolo insormontabile di quel seno nascosto come una vergogna e non ce l'avrei fatta, ma ci avrei provato. in questo modo però è stato un colpo troppo grande. 

"Una etero non dovrebbe venire in locali gay." 

Questa frase mi raggiunge come uno schiaffo. 

Queste parole hanno stuzzicato Norma, che in questo esatto momento  scopre di detestare non solo i macho man, ma anche la loro controparte femminile. 

Davanti a quella dimostrazione di intolleranza al contrario mi è partito un pistone, nel cervello. 

Se prima ero mortificata per la mia reazione, adesso sento crescere rabbia. 

E un grandissimo fastidio. 

E molta noia anche. 

Mi sono avvicinata a lei. Così vicina che avrei potuto baciarla di nuovo. O sputarle in un occhio. Mi sono limitata a fissarla in viso. 

"Non ti preoccupare, bimba. Io qua non ci rimetto piede, ma se vedo la tua faccia da culo in un qualsiasi locale etero ti faccio passare la voglia di tornarci. E smettila di stringerti così le tette che poi ti fai pure venire il cancro e tocca anche a me pagarti le cure." 

Me ne sono andata. 

La mia serie fortunata nel club si era interrotta. 

Per sempre. 

...

Come vedi, amico mio, in certe circostanze mi parte un embolo al cervello e non rifletto. E' più forte di me. Io dico che è tutta colpa sua, della bestia. 

Che poi sono io. 

Avrei dovuto reagire diversamente, e non scagliarla via in quel modo, come se mi disgustasse, ma in quell'istante non sono stata capace di reagire diversamente.  

Non lei, ma quella vista, nel buio, fra un lampo e l'altro delle strobo, inattesa violenza volontaria verso sé stessi... ecco... quello spettacolo mi ha davvero disturbata. 

Per contro, sembrava proprio un ragazzo, ventenne, efebico, acerbo forse, ma un ragazzo, e scoprirlo donna per me è stata un po' come una violenza. Difficile da raccontare, difficile da spiegare.  

...

In ogni caso sono stata io a chiedere di provare ogni cosa, nella vita, quindi non posso lamentarmi. 

Alla voce "Fare sesso con una donna" ho scritto: 

- Fatto (quasi) - Da non ripetere. 






19/06/13

A ruota libera #2

Improvviso. 

A ruota libera. Per la seconda volta.

Avevo già iniziato a scrivere d'altro, ma Skype trilla, e un altro mondo, più o meno irreale quanto questo, si affaccia e mi interrompe. 

Ti avevo detto che per me il mondo dei Blog è qualcosa di nuovo, l'avevo sempre considerato dispersivo, in qualche modo superfluo, fin quando un amico non mi ci ha trascinata dentro. 

Questo, però, non significa che non conosca la rete, fin dall'ormai lontano 1999.

E' un mondo affascinante, la rete. Si può incontrare ogni cosa, conoscere ogni cosa, fare qualsiasi tipo di esperienza. 

Vedi, ad esempio, tu stesso  senza la rete non esisteresti. Pensa a che potere c'è, nascosto in questi stra miliardi di giga byte di dati. 

In questi anni ho conosciuto molte persone, alcune mi hanno solo sfiorato, altre si sono fermate per un po', altre ancora non se ne sono mai andate. 

Persone gradevoli, persone affascinanti, a volte anche brutte persone, quelle sono un po' ovunque, purtroppo.  

Quando Skype trilla non so mai quale genere di conversazione troverò, ad attendermi. 


...

"E' un pezzo che non ti fai sentire." 

"..." 

"Non venirmi a dire che mi sei amica." 

"..."

La sclerata delle 22,15. In un momento in cui il mio umore non è esattamente dei più solari. Si, lo so che sono sempre tetra, ma in quel momento lo ero particolarmente. Quindi poco paziente. 

"Mi pareva di averti detto chiaramente perché preferisco non avere più nulla a che fare con te."

"Sei incazzata." 

"Si, sono molto incazzata. Perché io non ho mai fatto mistero di come sono. E da chi si spaccia per amico mi aspetto di non venire giudicata. I tuoi commenti del cazzo mi hanno fatta sentire sporca, e non ne hai alcun diritto. Non ne avresti neanche se fossi il mio uomo, figurarsi. Quel che ho fatto fino a ieri non compete nessuno tranne me! Se sono single io faccio quel che mi pare, compreso fottermi un'intera squadra di rugby neozelandese, se ne ho voglia. E tu non hai alcun diritto di giudicarmi."

Ecco, si, ero abbastanza arrabbiata. 

"Non hai proprio capito un cazzo di come stanno le cose." 

"Ah, e ora immagino che me lo dirai tu come stanno le cose."

"Io sono geloso di ogni uomo ti abbia posseduta carnalmente, perché ti voglio solo per me."

Ecco. Questo è il succo della conversazione. 

Tralasciamo le considerazioni sulla dichiarazione di possesso, che è meglio. 

Quello che mi chiedo, amico mio, e che vorrei che tu mi spiegassi è cosa passa certe volte per la testa di voi fanciulli, perché per me è assolutamente un mistero. 

Voi dite che noi donne siamo rompipalle, sclerotiche, lunatiche, incomprensibili. Avete assolutamente ragione. 

Al cento per cento! 

Ma anche voi quando vi ci mettete mica scherzate, eh? E non avete manco l'alibi del ciclo! 

Venite a tirar fuori la scusa della barba, se ne siete capaci, che ci facciamo quattro risate! 

Intendo dire che se proprio vuoi farti una femmina, farla sentire una troia non è sicuramente l'approccio migliore. 

Magari dopo, mentre ci sei a letto, può anche essere piacevole, ma questo è già un altro discorso. Sicuramente se ancora non l'hai catturata, è meglio evitare.

Anche se lo è. O se tu pensi che lo sia. Non dirglielo in ogni caso. 


...

Detta così sembra che la rete sia lo strumento del Demonio, ma tempo cinque minuti, neanche il tempo di riprendere il filo del discorso, qua, che Google + mi tintinna. 

La prima idea era stata quella di mandare Google, Faccialibro, Whatsapp ed ogni altro contatto con il mondo esterno a quel paese, ma la tentazione è forte e io non so resistere alle tentazioni, poi su Google i contatti che ho sono davvero pochi, così azzardo una sbirciata. 

"Ti ho appena annunciata." Recita l'hangout. 

E quelle quattro parole sono state uno squarcio nel cielo tempestoso. 

Improvvisamente, alle 22.35 una stella ha preso a splendere.

Alcuni dei ragazzi con cui ho trascorso ore molto divertenti su Guild Wars 2, erano ad attendermi su Team Speak, dopo mesi che non ci sentivamo. 

Un paio d'ore di chiacchiere, malizie, battute e risate fra amici, mentre loro si facevano nuclearizzare in gioco (dicevano di vincere, ma non ci crede nessuno) e io li distraevo volutamente. Così morivano ancora di più. Quando non si facevano ammazzare AFK, perché stavano leggendo qua. 

In queste due ore mi sono ricordata che la rete, a parte qualche episodio spiacevole, è piena di gente che vale la pena di essere conosciuta. 

Compreso te, mio caro amico immaginario. 

E questa sera avrei una gran voglia di farti scavalcare quella finestra e giocare un po'. 

Bonne nuit! 







18/06/13

Il compagno di giochi #2

Orfani del circolo anarchico culturale da cui eravamo stati banditi, io e Davidino avevamo tanto, troppo tempo libero. 

Ci sentivamo come due martiri della congiura bigotta e borghese, e passavamo il tempo ad esaltarci per il coraggio mostrato ad opporci alla tirannia. 

Entrambi senza un uomo con cui spendere parte del nostro tempo, entrambi poco interessati agli aspetti più superficiali della vita, eravamo alla ricerca costante di trasgressione, piacere e cultura, possibilmente uniti in un'unica esperienza travolgente. 

Comune di Dozza
Le Case dai Muri Dipinti
Avevo un cavalier servente, adorante, che mi seguiva ovunque desiderassi, così avevo inaugurato la stagione dei borghi e dei castelli, per visitare tutte quelle meravigliose oasi sopravvissute alla corrosione dello sviluppo, e che ancora sembrano vivere in un tempo remoto. 

Quel giorno la meta che avevo scelto era il comune di Dozza, un piccolo borgo famoso per la manifestazione delle "Case Dipinte", dominato da una bellissima Rocca Sforzesca in cui, oltre tutto, ha sede l'Enoteca Regionale, altro ottimo motivo per prediligere quella meta a molte altre. 

Era caldo, molto caldo, e ci stavamo bevendo una birra al riparo delle antiche mura di un bar nei pressi della Fortezza. 

Era un giorno feriale, oltre a noi c'erano solo due tizie sui quaranta, una con un vestito verde smeraldo che mi feriva gli occhi, l'altra con tutte le possibili tonalità del pastello, dal giallo, all'azzurro, al rosa, al verdino. L'incubo di ogni stilista. Aspettavano i rispettivi coniugi che stavano facendo acquisti all'enoteca, e dal tono seccato delle conversazioni erano già stanche di attendere. 

Le tipe mi fissavano come se fossi appena scesa da un'astronave spaziale. Vestita di nero, jeans elasticizzati neri, canotta nera ottenuta tagliuzzando una shirt dei Clash, niente catene (dopo il sequestro non le ho più ricomprate) ma molte borchie ai polsi, alla vita e al collo, sicuramente non passavo inosservata. Del resto non era proprio nelle mie intenzioni passare inosservata, con il trucco che mi rendeva simile ad una tragica, pallidissima maschera funebre. 

Le due tizie non riescono a fare a meno di fissarmi, e io ricambio le loro occhiate regalando sorrisi sfacciati, provocatori. Sento l'odore di bigotteria lontano un miglio, e se mi annoio Orea prende il comando. 

Sono per il vivi e lascia vivere. Se vuoi andare in giro con un abito color ramarro fa pure, ma non ti atteggiare a giudice delle mie borchie. Altrimenti poi io mi sento in diritto di giudicare il tuo abito, ed anche altro. 

I loro sguardi scandalizzati, i loro bisbiglii a fior di labbra, le risatine erano eloquenti, e non mi concedevano di vivere. Così ho deciso di dare loro quello che volevano. Qualcosa di cui parlare per il resto dei loro pettegoli giorni.

Mi avvicino a Davide e incollo le labbra al suo orecchio, come se volessi divoraglielo, mentre gli cingo il collo con le braccia. 

"Da questo momento hai guadagnato una sorellina." 

Gli mormoro, con tono lascivo, come se gli stessi promettendo piaceri libidinosi. 

"Ninfomane." 

Aggiungo poi, e senza concedergli il tempo di reagire mi installo sulle sue ginocchia, lo bacio in modo indecente muovendo i fianchi come se lo stessi cavalcando, così offrendo alle due tizie uno spettacolo che probabilmente neanche nelle loro fantasie più sfrenate si erano immaginate.

Davidino con fare imbarazzato e seccato, forse anche aiutato dal suo orientamento sessuale, mi fa scivolare sulla panca, accanto a sé, con delicatezza. 

"Fai la brava. Non ora." 

Non mi do per vinta e continuo a tormentarlo, cercare i suoi baci, allungare le mani in carezze languide, poi, al suo ennesimo rifiuto, mi alzo con fare seccato, e dirigo verso il bagno, scoccando uno sguardo di collera alle due donne, il cui volto è ormai di un rosso pericolo d'esplosione. 

"Sei cattivo!"

Affermo prima di sparire dietro l'angolo. 

"La tua... fidanzata... è molto affettuosa..." 

Quella con l'abito verde smeraldo tenta di intavolare una conversazione con Davide, e io nel corridoio dietro l'angolo me la godo, peccato solo non poter vedere le loro facce. 

"Non è la mia fidanzata. E' mia sorella." 

Sento tossire. La tizia pastello. Ancora poco e si affoga, a questa notizia. 

"Come tua... sorella..." 

Ancora la verde, sicuramente. E' la pettegola delle due, l'altra è timida ed evidentemente succube. Io sto mordendomi le labbra per non scoppiare a ridere. 

"E' malata, poverina." 

Ah, che superbo attore. Gli bastava l'idea e subito si immedesimava. Il tono di voce, come l'abbassava per simulare confidenza, il singhiozzo disperato che spezzava a metà una frase. Era davvero bravissimo. Eravamo davvero bravissimi entrambi. E un po' stronzi. 

"Ninfo ... mane." 

Proprio così. Ha spezzato a metà la parola. Ed il sospiro, non ho capito da parte di chi delle due, così partecipe, il lungo silenzio imbarazzato. 

"Devo accontentarla io per evitare che si getti fra le braccia di ogni uomo che incontra. So che è peccaminoso ma capite bene che è mia sorella, non posso permettere che... Ma perché non torna ancora? Che sia scappata verso l'enoteca a cercare qualche uomo?" 

A queste parole di Davide ho sentito un gridolino, sicuramente da parte di Pastello, ed un trambusto affrettato. Ho atteso ancora qualche istante, poi mi sono affacciata giusto in tempo per vedere le due donne attraversare di corsa la piazza in direzione della Fortezza, e Davide steso sul tavolo del bar che si teneva la pancia per il ridere. 

Come mi ha vista arrivare è balzato in piedi, e mi ha trascinata fuori, ma non verso l'enoteca per goderci i frutti del nostro gioco, bensì verso il parco della Fortezza, che declina dietro al colle mutando in bosco incontaminato. 

Arrivati un po' fuori dai sentieri frequentati mi ha slacciato i jeans. 

"Non ho mai scopato una figa." 

E senza troppe cerimonie, ormai presa confidenza con il mezzo, mi ha spinta contro un albero, facendomi posare le mani alla corteccia, e prendendomi da dietro, perché... 

"Avrai anche il corpo di una donna, ma ti assicuro che è un errore, e due uomini non scopano alla missionaria." 

Per quanto mi sia impegnata, non sono mai riuscita a convincerlo che io sono realmente una donna, e non un uomo finito nel corpo sbagliato. 








16/06/13

Io, la Bestia



La Bestia - Autoritratto



Ci sei, là fuori? 

Certo che ci sei, ad aspettare che si strappi via un altro brandello di carne, che metta a nudo un altro pezzo di ossa, che scavi ancora più a fondo. 

Sei là, che osservi questa vivisezione con morboso interesse. 

Ti piace vedere la lussuria, il dolore, la perversione, la malattia. 

Ti affascina vedere un'operazione chirurgica in diretta. 

In fondo voi umani siete così semplici, così facili. Siete attratti dal marcio. 

Forse perché vi fa sentire meglio di come siete realmente. 

Mi spiace, ma rimarrai deluso. Non verrà. Ci sono io, al suo posto. Era inevitabile che prima o poi ci incontrassimo.

Ora è il momento. 

Non fa altro che parlare di me, come una devota amante, ma non mi rende giustizia.

Io, dal mio canto, come un devoto amante l'osservo contorcersi in invisibili catene. 

Le mie catene. Le uniche che abbia mai indossato, fin da quando, ragazzina, se le avvolgeva attorno al corpo. 

Non è deliziosa, nel suo tentare di fuggirmi? 

"Legami." Chiede, in un anelito di speranza. Ancora spera, nonostante tutto. Mente a te, e mente a sé stessa. Come se io non potessi spezzare quelle effimere catene fatte di mortali passioni, come già ho fatto e come ancora farò. 

Le sue emozioni sono il mio nutrimento. La sua dannazione la mia unica ragione di esistere. 

E non ne ho mai abbastanza.

Quando, apparentemente folle, vagava nei vicoli notturni alla ricerca di una lama, credeva di trovare il chirurgo che ci avrebbe divisi. Ancora una volta vana speranza. Non le permetterei di liberarsi di me così facilmente. Ho a cuore la sua salute. 

Io voglio le sue sensazioni. 

Ogni sua sensazione. 

Dobbiamo provare ogni cosa esista, io e lei, e sono ancora tante quelle che mancano all'elenco, per questo non permetto che le accada niente di male, e anche se a volte si infila in situazioni pericolose ci sono io che la tiro sempre fuori dai guai. 

Dobbiamo provare ogni cosa esista. 

Per questo ti dico: 

"Scopala." Come una troia, senza riguardi. Si abbandonerà a te, ti concederà ogni cosa. E alla luce del sole l'umiliazione si tramuterà in vergogna e io potrò goderne. 

E' delizioso il suo senso di colpa. Così delizioso che mi diverto ad istigarlo ogni volta che posso, per godere del suo struggersi il giorno dopo. 

Il dolore è un'altra sensazione che mi rende potente. 

Ci sono volte in cui è crudele, perché io le sussurro dolci parole d'odio alla mente, allora tu prendila con forza, sbattila contro il muro, o sul tavolo, torcile i polsi dietro la schiena fino a strapparle un grido di dolore. Mettila al suo posto e fottila. Non importa se si ribella e non importa se ti odierà. E' quello che vuole, perché è quello che io voglio. 

Sono stato risvegliato dalla violenza e mi piace sentire la rabbia, la paura e l'impotenza crescere in lei, per questo ci piace, qualche volta, che tu la prenda con rabbia.
Ma fa attenzione, perché io te la cedo solo in usufrutto quindi non me la devi rovinare, altrimenti dovrai pareggiare i conti con me. 

Tutto questo è sublime, ma in realtà è altro che mi interessa. Una parte di lei, un piccolo sole morente, che è quello che mi ha attratto fin dal primo istante. 

Qualcuno l'ha chiamato Sun in the Morning. 

Non la si vede facilmente, si nasconde dietro tutte le altre, è così fragile, come una lucciola un istante prima di spegnersi per sempre. 

Io lo bramo. Quel piccolo sole è quello che voi umani chiamereste il mio amore. In realtà è la mia ossessione. La vera, unica ragione per cui sono qui è che voglio spegnerlo per sempre e portare le sue ceneri via con me. 

Nell'abisso. 

Non me ne andrò, senza. 

E tu, puro di cuore, sei l'unico che può aiutarmi. 

Avvicinati a lei, scorgi quella pallida luce, affondata nella melma, tendi la mano e aspetta. 

Trema e ha paura, si nasconde, ma se hai pazienza si lascerà avvicinare, e sentirai le sue dita sfiorare le tue. 

Aiutala con delicatezza. Tira fuori dall'oscurità quel piccolo astro senza speranza. 

Insegnale a credere in un tempo diverso dall'ora, mostrale il sole e alimentane la fiamma con indicibili promesse. 

Salvala. Solo tu puoi farlo. Sottraila alla mia influenza, portala alla luce, all'aria, alla primavera. 

Spazza via la sporcizia che la ricopre, cancella il peccato, guarisci l'insania, sciogli le molte armature, e quando infine si fiderà di te osservala. 


Finalmente, davanti ai tuoi occhi potrai vedere. 



Me. 



E il ribrezzo che leggerà nei tuoi occhi la renderà perdutamente, irreversibilmente folle. 



Finalmente completamente mia! 



14/06/13

New look con moderazione



Come si può notare da oggi sfoggio un nuovo header, frutto del lavoro di un amico, che me ne ha fatto dono. 

I più attenti si saranno accorti che da qualche giorno collaboro ad un altro Blog, che pubblica immagini di arte digitale. 

E poi venitemi a dire che non sembra Mefistofele!
In realtà io sono una semplice schiava, che si limita ad "uploadare" le opere realizzate da un geniaccio di questa meravigliosa disciplina: Peter "Mefistofele" Bernini, il quale ha deciso che il mio mondo era troppo monocromatico, semplicemente in bianco e nero, e aggiungendosi così alla lunga schiera di chi voleva più colore, si è impegnato a metterci del suo (colore ovviamente). 

Oltre che bravissimo a creare suggestioni visive, Peter è anche un bravo bassista (se avete speso cinque minuti ad ascoltare il pezzo che ho usato per commentare il post di ieri, "Dicotomia" avete un esempio del suo basso), nonché autore di musica di vario genere. 

Si potrebbe dire che ha un solo difetto. E' un metallaro. Ma si sa, nessuno è perfetto, a parte me, inoltre io sono infinitamente generosa, così ho deciso di perdonarglielo.

E' anche il mio mentore, quindi se detestate le immagini che ogni tanto infilo a corredo dei miei post potete prendervela tranquillamente con lui, visto che è solo grazie ai suoi consigli che riesco a realizzarle. 

In ogni caso, non vi sfiori neanche l'anticamera del cervello che, visto il cambio di look, da domani vedrete confetti rosa, farfalle gialle e pois verdi e blu.

Il fondo nero con scritta color nebbia rimarrà invariato, quindi non applicatevi neanche a fornirmi materiale colorato, perché verrà  rigettato immediatamente!

Quello che invece potete, anzi, dovete fare è un giro a vedere le opere di Peter, prima di tutto perché ve lo chiedo con tanta grazia, secondo perché potrei sguinzagliare la Bestia e non vi piacerebbe, ma soprattutto perché meritano davvero. 

Detto ciò mi ritiro nel mio anfratto ad attendere che quel maledetto astro diurno smetta di abbagliarmi! 

E come dice sempre Peter: Rock 'n Roll! 


Bernini Art