29/04/13

La velocità dei pensieri

"Tu sei pazza."

"Non è vero."

"Sai perfettamente che è così, anche se non lo vuoi ammettere." 

"Il solo fatto di pormi il dubbio lo smentisce. Se fossi pazza non mi porrei il problema. Lo sarei e basta." 

"Il solo fatto che stai litigando con te stessa lo conferma. Se non fossi pazza non parleresti da sola." 

"Intanto non stiamo parlando, ma pensando, e c'è un grandissimo cazzo di differenza! E poi sei tu che continui a rompere le palle. Lasciami in pace. Lasciami vivere come mi pare, sparisci, e non avremo più nulla di cui discutere." 

"Ogni volta che sai di avere torto diventi volgare, ma non è che in questo modo passi dalla parte della ragione". 

"Forse. Però mi fa sentire molto meglio."

E' ormai sera, ho dormito l'intera giornata per riprendere le energie dopo la serata trascorsa nel solito club dove vado quando ho voglia di bere, divertirmi ed essere trattata da regina dai miei amici, senza complicazioni d'altro tipo. 

Il cielo è coperto da una pesante cappa di nubi, ed il sole, basso all'orizzonte, ha donato loro una tinta scarlatta così accesa che sembra finta. 

Come un neonato lascia il grembo materno urlando per abbandonarsi alla luce d'una nuova esistenza, così io sbatto il cancello alle mie spalle, per immergermi, ancora una volta vergine di me stessa, in una nuova notte. 

"Dove hai intenzione di andare?" 

"Alla macchina."

"Quello lo avevo capito, e dopo?" 

"Non lo so. Via. Lontano. Potrei inseguire il tramonto." 

"E' inutile che scappi, tanto non esiste nessun posto dove tu possa andare. Non esiste nessun luogo dove tu non sia.


...

Il locale è affollatissimo, e c'è un'atmosfera festaiola, neanche fosse capo d'anno. 

Se un ignaro avventore scendesse le scale che conducono all'atrio, potrebbe notare un'insolita carenza di popolazione femminile, ed un'insolita intimità fra persone del medesimo sesso; nella saletta laterale, con tanti piccoli separè da cui si sentono provenire conversazioni dai toni difficilmente equivocabili, regna un buio quasi irreale, rotto da una luce soffusa così fioca da permettere a malapena di non sedere in un posto già occupato. 

Sono in compagnia dei miei amici, quattro coppie che hanno fatto di me la loro "bambina", perennemente coccolata e viziata come solamente le coppie omosessuali sanno fare. 

Ed io, da brava "puttana", adoro farmi viziare da loro.  

Come sempre il nostro gruppo è appostato ai divanetti all'ingresso della pista, proprio in vicinanza del bar, posizione strategica da cui si può controllare l'intera sala.

Siamo clienti abituali e quello è il "nostro" tavolo, che ci pone perennemente al centro dell'attenzione, ed io mi trovo a mio agio in quel ruolo: il vestito da regina mi calza alla perfezione e la montagna d'affetto incondizionato che mi riversano addosso i miei amici ha il potere di farmi sentire davvero bene. 

Man mano che la serata trascorre, fra un bacio schioccato sulla guancia, una carezza, un abbraccio o un complimento assolutamente immeritato ed eccessivo, la musica si fa più dura, più cattiva, ed è il momento che aspetto, perchè non mi piace la brodaglia commerciale. 

Mi sono già concessa tre tequila, la bevanda del peccato, e mi sento piacevolmente leggera, non ancora ubriaca, ma lieve, come se realmente io non fossi altro che nebbia. 

Il ritmo della musica, sempre più underground, mi rapisce, ed io lascio che il mio corpo lo segua, quando mi accorgo che non sono più sola, in mezzo alla pista, ma un ragazzo si è avvicinato, uno sconosciuto sta ballando con me. 

E' in quel momento che inizia un'altra danza. 

I nostri corpi si sfiorano, sempre più vicini, la sua coscia fra le mie, il suo sesso contro il mio fianco. Non stiamo più semplicemente ballando: trascinati dalla musica ed incitati dalle grida dei molti che hanno smesso di ballare per guardarci, ci ritroviamo contro la parete accanto al bar a simulare un rapporto. 

L'atmosfera di quel locale, maledetta e seducente, la tequila, la mia bevanda del peccato, l'essere al centro di ogni sguardo, lui che mi desidera, tutto questo crea una miscela incontrollata di sensazioni ed emozioni, e ben presto mi abbandono al gioco. 

Le sue mani afferrano i miei seni, li stringono, ne valutano la consistenza, poi scendono a slacciarmi i pantaloni, si infilano all'interno, mi aprono e invadono senza pietà, facendomi tremare ad ogni suo tocco, spingendo, allargando, violandomi, alternando delicatezza a forza, ed io ricambio le sue carezze stringendolo nel pugno, seguendo il tempo dettato da lui, fino a sentire il suo sperma che mi bagna la mano. 

Fino a sentire la mia vagina serrarsi dolorosamente attorno alle sue dita. 

Porta alle mie labbra la mano ed io, senza pudore alcuno, lecco le dita con cui mi ha fatta godere per poi alzare la mia, ed assaporare il suo seme, leccando lentamente, lasciva, guardando prima lui, poi il pubblico che non si è perso un istante del nostro amplesso, sorridendo maliziosamente ai ragazzi, qualcuno dei quali applaude pure. 

Bruciata la passione lui si scosta da me e si allontana, sparendo nella folla, mentre io torno a sedere fra i miei amici, che sono felici ed eccitati come se avessero appena visto partorire l'amore stesso. 

E' per questo che adoro i miei amici omosessuali. A differenza di me loro sono perdutamente, inguaribilmente, perversamente romantici.


... 

Sono sullo stradone che taglia a metà l'Appennino, l'ho scelto perchè consente una discreta velocità, ma non è monotono come l'autostrada. Le molte curve costringono all'attenzione, al continuo cambio di marcia, rende il viaggio divertente, e se ti spingi al limite, anche pericoloso. 

("Guidi bene, proprio come un uomo" Mi disse un giorno un tizio, pensando di farmi un complimento. "Ti sbagli, io guido meglio di un uomo." Gli risposi. 
Qualsiasi cosa sappia fare un uomo, io la posso fare meglio. E se non la faccio meglio è solo perchè non mi va di applicarmi. Tienilo sempre a mente, amico mio.)

Sto inseguendo il tramonto. 

Il motore mi urla che ho già tirato la seconda a sufficienza mentre dallo stereo i Crass mi urlano che il Punk è morto. 

E dentro la mia testa quella solita vocina rompipalle sussurra, lei. Lei sussurra. Mentre io vorrei urlare, ma se lo facessi allora si che sarei pazza davvero. 

"Ammesso e non concesso che tu non sia pazza, allora non puoi negare che sei una puttana. Ieri sera quella bella scenetta davanti a tutta la sala potevi risparmiartela."

"Si, sono una puttana, e allora? Adesso che ti ho dato ragione me la fai la cortesia di metterti la museruola e startene zitta?" 

"Comodo, eh? Ti piacerebbe che ti lasciassi credere a questa bella favoletta. Balle. Sono sempre le solite balle che ti racconti. In realtà tu sei matta da legare, ti umili ogni notte, per poterti fare del male ogni giorno." 

"Ti sbagli. Mi diverto ogni notte, poi di giorno arrivi tu a fracassare i coglioni. Sta un po' zitta e lasciami godere la guida." 


Lo vedi, amico mio, quant'è profondo l'abisso, e quant'è orribile il mostro che ci vive dentro? 

Quanto sono mostruosa? 

Che ne pensi, amico mio, la sto mantenendo, la mia promessa? 

Ti sto mostrando la mia insania? 

Mi sto mostrando nuda per te, come avevo annunciato quando iniziai a raccontarti di me? 

Ma ancor più importante, starò mostrandoti la verità, oppure tutto ciò non è altro che frutto della mia fantasia malata? 





"Ti piacerebbe che io mi zittissi, ed invece continuerò a parlare, perchè anche le persone orribili come te hanno una coscienza." 





Ma a che cazzo di velocità devo andare, per correre più veloce dei miei pensieri?













27/04/13

L'uomo del telefono #4

"Sono curioso di sapere che ti sei inventata, bimba." 

Ecco che è nuovamente notte, ma questa volta la camera non è illuminata solo dalla fioca fiammella di candela. La contingenza vuole che mi pieghi alla schiavitù della ben più fredda luce elettrica, ma del resto non ho alternative, per quel che ho in mente. 

Sono seduta sul letto, la schiena appoggiata alla spalliera, ed attorno a me sono sparsi diversi libri, neanche io fossi una Venere sorta dalle spume dell'arte, anzichè dall'oceano. 

"Hai la benchè minima idea di chi sia Sherazad, Voce Profonda?"

"Ovviamente. E tu?" 

Sento la collera salire, a quella provocazione, che altro non è che una risposta alla mia, del resto. 

"Se non lo sapessi non te ne avrei parlato. Ecco. Avevo pensato di imitare la Principessa Persiana, ma invece che favole avevo scelto un libro, un romanzo breve. Poi però mi sono detta che non ho bisogno di simili espedienti, per legarti a me. Basta la mia voce da sirena, giusto? Quindi penso che ti leggerò poesie. Così avrai modo di sentire la mia voce per tutto il tempo che vorrai." 

Ride, oltre il telefono che oramai è diventato il nostro "luogo di incontro", ed il suono caldo, profondo, avvolgente mi fa sentire bene. 

<Sei proprio una cagna, come ha detto quella merda.> Commenta, dentro di me, la vocina saggia che costantemente mi da il tormento, ma neanche le do ascolto, troppo presa da quell'altra voce, quella che appartiene ad uno sconosciuto. 

"E dimmi, prima di iniziare a leggere per me, quale romanzo avrei perso?" 

"Seta, di Aless..."

"Alessandro Baricco. L'ho letto. E non mi piace affatto l'idea che tu lo abbia scartato, non del tutto." 

Rimango per qualche attimo senza parole. 

"Arrogante, bastardo, stronzo e pure colto. Sei sicuro di esistere davvero, Voce Profonda?"

"Potrei dire lo stesso di te. In realtà credo che fosse destino che tu mi capitassi fra le mani, te l'ho detto, tu sei stata fatta solo per..." 

"Essere la tua cagna, si, lo hai già detto. Perdi colpi e diventi monotono. E poi io non credo nel destino!" 

"La lettera. Leggimi la lettera. Le poesie non si offenderanno, e le terremo per un'altra volta ma questa sera è quella lettera che voglio ascoltare, raccontata dalla tua voce di sirena." 

Fra i tanti libri accanto a me raccolgo il più piccolo, il più consunto. Non ci metto che un istante a trovare il punto che lui pretende, ed inizio a leggere, a recitare quelle parole per lui.

"Mio Signore Amato non aver paura, non muoverti, resta in silenzio, nessuno ci vedrà."

Inizio a leggere quel testo, forse la pagina erotica più delicata, dolce ed al tempo stesso intrigante che sia mai stata scritta, così come l'intero libro è lieve come la seta di cui porta il nome. Mi viene facile leggerla, conosco l'intero romanzo molto bene, ed ho vissuto le emozioni narrate in quel libro così tante volte che è come se fosse l'avessi scritta io. 

Proseguo nella lettura. Lui ascolta. Non sento alcun suono provenire dal telefono, se non un tintinnio distante, così lo immagino sprofondato in una poltrona, nella penombra, con un whisky on the rock fra le dita, che fa rigirare lentamente mentre, ad occhi chiusi, mi ascolta. 


"... quando ti toccherò per la prima volta sarà con le mie labbra, tu non saprai dove, a un certo punto sentirai il calore della mie labbra, addosso, non puoi sapere dove se non apri gli occhi, non aprirli, sentirai la mia bocca dove non sai, d'improvviso, forse sarà nei tuoi occhi, appoggerò la mia bocca sulle palpebre e le ciglia, sentirai il calore entrare nella tua testa, e le mie labbra nei tuoi occhi, dentro, o forse sarà sul tuo sesso, appoggerò le mie labbra, laggiù, e le schiuderò scendendo a poco a poco, lascerò che il tuo sesso socchiuda la mia bocca..."


Non c'è altro suono se non la mia voce, eppure sento un'energia che va crescendo e so che lui sta provando esattamente quel che provo io. 

                      Desiderio! 

                                Mi vuole!

                                         Lo voglio! 

Continuo a leggere, la mano sinistra continua a reggere il libro, la destra scivola lentamente sul mio corpo, sul mio seno, sul mio ventre fino a giungere fra le mie cosce e lentamente mi accarezzo per lui, sempre leggendo, così che la mia voce, ora, non recita più e la passione che si può intuire, dietro le parole, non è più finzione ma realtà. 


"... le tue braccia che non mi lasciano andare, i colpi dentro di me, è violenza dolce, vedo i tuoi occhi cercare nei miei, vogliono sapere fino a dove farmi male, fino a dove vuoi, signore amato mio, non c'è fine, non finirà, lo vedi?"


Un sospiro proviene dal telefono. Non si sente più il tintinnare del ghiaccio. So che in un modo del tutto incredibile, ora, stiamo facendo sesso, lui mi sta possedendo in maniera assoluta, seppure io non sappia neanche dove sia. 

E' quasi una tortura continuare a leggere, impormi la disciplina necessaria per interpretare quello scritto e non implorarlo di fare di me quel che vuole, che è vero, che sono nata solo per essere sua, ma io sono testarda e bastarda almeno quanto lui, e non gli darò mai questa soddisfazione. Non con le parole, quanto meno, seppure i fatti lo gridino chiaramente. 

Poi la lettera finisce, ed io rimango silenziosa, affannata, spossata. C'è un lungo silenzio, a dimostrare come anche lui, probabilmente, si trovi nelle mie stesse condizioni. 

Respiro a fondo, per imporre al mio cuore di ritrovare un ritmo più lento, per ordinare al mio petto di non annaspare alla ricerca di ossigeno, e ancora sto cercando di riprenderne il controllo, quando la sua voce spezza il silenzio. 

"Sembra quasi che Baricco l'abbia scritta pensando alla tua voce questa lettera, bimba. Sei molto brava a leggere." 

Non vi è traccia di affanno, nè di dolcezza, nè di complicità in quella voce che non mi lascia il tempo di rispondere, perchè riprende a parlare, seccamente. 

"In ogni caso, questa volta ti ho lasciato fare a modo tuo, la prossima voglio sentirti guaire come la cagna che sei, quando godrai, e non come ora che lo hai fatto di nascosto, per non darmi soddisfazione." 

Ancora una volta se ne va senza un saluto. Mi lascia sola, in un oceano di libri inutili, con l'unico che abbia letto per lui abbandonato sulle mie gambe e la mia mano che profuma del mio sesso. 

Accendo la candela e spengo la luce. Rimango a lungo immobile, ancora tesa come una corda di violino poi, in un estremo atto di ribellione, mi concedo il piacere un'altra volta. 

In silenzio. 

...

Siamo ancora io e te, amico mio, tu fuori dalla finestra, io nella mia camera che mi spoglio per te, che mi lascio guardare.

Tu voyeur, io esibizionista. 

Due lati della medesima medaglia, una cosa sola. Non potresti esistere, se io non ci fossi ed io non potrei esistere, senza te. 

Forse, ascoltando i miei racconti, vorresti essere tu ad avere un simile potere, su di me, ma ti prego di seguire il mio consiglio e di non invidiare Voce Profonda. 

Tu sei unico, così come a modo suo anche lui lo era. 

Ogni uomo è una creatura a sè stante, meravigliosamente complessa, un universo da scoprire, esplorare e poi abbandonare. 



E ti assicuro che arriverà il giorno in cui abbandonerò anche te. 

Lasciandoti solo. 

Nella nebbia. 





Seta - Alessandro Baricco 

25/04/13

L'attesa... l'ansia... ed infine il piacere

E' nuovamente sera, amico mio, le ombre si sono allungate, ingigantite, espanse fino a scacciare ogni vestigia di luce, e tentacoli viscidi sono scivolati fuori del grembo della terra, bianchi e sfuggenti come spuma, freddi vapori umidi che ti afferrano le caviglie, per ricordarti che è il momento del nostro appuntamento, e che io sono qua ad attenderti, pronta a strappare un altro lembo di me, pronta a lasciare nuovamente che tu mi osservi, un po' più a fondo, un po' più nuda, un po' più mostro.


Solo per te.



Ti sono mancata, in queste ore?

Sei venuto a controllare se ero qua ad attenderti?

Hai avvertito un moto di delusione, non trovandomi?

...


No, non rispondere, mio caro amico, lo so che è così, e so anche che adesso, vedendomi qua, il tuo cuore batte più forte, ed il tuo respiro è un po' più rapido, e tu sei un po' più sereno, perchè puoi nuovamente tuffarti in questo mondo che io ho inventato per te e che ogni giorno cresce e ti avvolge, e diventa sempre più tuo e meno mio.

In fondo lo abbiamo chiarito da subito, questo è nulla più che un gioco, ed io non sono null'altro che una tua invenzione, e così ho voluto giocare, con i tuoi e con i miei sensi. 

Non credere che solo tu abbia contato il tempo che mancava, al nostro nuovo incontro.

Anch'io correvo qua per sentire il piacere della carezza del tuo sguardo sulla mia carne, ormai privata di ogni protezione, nuda e sanguinante per il tuo solo diletto.

Io sono così, crudele e dispettosa, e mi beavo del delizioso piacere che privarmi di te mi concedeva, assaporando il momento di ritrovarti ancora una volta.



Te l'ho detto, la mia generosità non conosce limiti, e se non mi fossi privata di te, in queste ore, non avrei potuto regalarti il piacere di ritrovarmi adesso, quasi inatteso ed insperato.


L'attesa del piacere è essa stessa un piacere.
Gotthold Ephraim Lessing



Accomodati sulla poltrona, si, è sempre quella ed è sempre là, davanti alla mia finestra, e la tenda oggi è un po' più aperta, perchè voglio che tu possa vedermi davvero bene. 

Oggi però non sarà il mio piacere, il protagonista del racconto, bensì il tuo, perchè non vi è più grande piacere che essere l'artefice del piacere stesso. 

Originare la tua estasi mi avvicina alla divinità molto più di qualsiasi altra occupazione, per cui, amico mio, lascia che le mie parole ti cullino e permetti alla tua mente di vagare, fino a provare empatia per ciò che io descriverò per te, per il tuo piacere, che altro non è che mio. 



Il mondo scolora nel grigio
Di questo istante
Che non è più notte
Che non è ancora giorno

La bruma striscia sui campi
Fra gli alberi
Lungo le strade
Cancellando ogni cosa nel suo abbraccio umido

Cadono le maschere d’ogni giorno
Ed il volto di pagliaccio si sveste del sorriso
Ed il trucco si scioglie in nere lacrime
Rigando guance mai accarezzate

Questo è l’attimo in cui io esisto
Ed il battito del mio cuore
Scandisce il tempo cristallizzato
In cui io posso inventare un nuovo mondo
Per volare da te
Che ancora dormi
Regina dei tuoi sogni
Schiava dei tuoi pensieri

Ma è già l’alba
Ed il cielo si tinge di rosa
E s’alza il sole scacciando la nebbia
E nella luce io smetto di esistere

Addio







...

Chiudi gli occhi, amico mio. 

La senti, la brezza notturna che ti scompiglia i capelli e che si insinua al di sotto della tua camicia, fino a far rabbrividire la pelle del tuo torace? 

Inspirala profondamente, riempine il petto. 

Vi è chiaro l'odore salmastro di iodio, che ti punge le nari, ma se fai attenzione, sotto a questo, ve n'è un altro più delicato, più fresco e ristoratore, quello aromatico delle antiche pinete. 

Hai gli occhi chiusi, ma bastano questi pochi indizi per raccontarti che non sei distante dal mare, e che un'ampia pineta sorge fra te e la distesa d'acqua. 

Ascolta, ora. 

La senti la risacca che si infrange ritmicamente sulla battigia, cupa come il tremore sordo di un terremoto, che s'accavalla in un duetto senza tempo con lo stormire delle fronde dei pini? 

Ed ora, amico mio, se fai attenzione potrai avvertire un altro profumo invadere l'aria. Vino rosso, caldo, speziato, addolcito con un cucchiaio di miele. Senti l'odore dei chiodi di garofano, pungente, quello dolce ed avvolgente del miele, quello aspro della scorza di limone, quello morbido della cannella. 

E senti il tepore della bevanda che ti scivola lungo la gola, fino a scaldarti le membra e scacciare il brivido di freddo di quel vento notturno, che sa ancora d'inverno e ti fa accapponare la pelle. 

Ed ora, se fai attenzione, oltre al battito del tuo cuore potresti sentire un respiro che non ti appartiene. 

Ed oltre al vento, che ostinatamente continua ad insinuarsi al di sotto della tua camicia, sicuramente avverti delle dita leggere sfiorare la tua pelle, e così ora sai che io ho oltrepassato la finestra e sono arrivata fino a dove sei tu, in questo mondo di fantasia, e che per una volta non c'è nebbia, ma solamente noi, io e te, con la nostra follia, con i nostri desideri, e con le nostre esistenze dannate.

E la mia voce nel tuo orecchio, bassa come un sussurro, morbida come velluto, ed avvolgente come un caldo abbraccio, che ti promette di realizzare un tuo desiderio. 




Tieni gli occhi chiusi, ed esprimi un desiderio. 



Sono sicura che se lo vorrai fortemente, io lo avvertirò, e se lo vorremo entrambi abbastanza intensamente, lo sapremo realizzare. 


E so che il gioco, solamente volendolo, in questo momento è diventato realtà. 

E nell'istante esatto in cui riaprirai gli occhi, cesserà nuovamente di esistere. 





Ed io con esso. 




23/04/13

L'uomo del telefono #3

"Hai comprato quel che ti ho chiesto?"

Sono da poco passate le undici di sera, quella che ormai è diventata la nostra ora.

Sono sul letto, la stanza è illuminata solo dalla luce di una candela ed io tengo lo sguardo sulla fiamma, che danza ad ogni mio respiro come se avesse una vita propria.

"Si."

"Davvero?"

Pare stupefatto dalla mia risposta, ma non mi lascia il tempo di dire nulla, perchè subito mi da un ordine secco.

"Accendilo. Voglio sentirlo vibrare."

Senza dire nulla aziono l'attrezzo e l'avvicino al telefono, così che possa sentire bene il rumore, ma dopo neanche un paio di secondi è la sua risata, profonda, calda, che spezza la lontananza.

"E quello cos'è, il rasoio di tuo marito?"

"Non sono sposata."

"Allora è uno di quei marchingegni di tortura che voi donne usate per depilarvi."

Risponde, ancora ridendo. Spengo il Silk Epil e lo scaglio, con un moto di rabbia incontrollato, contro il muro, con l'unico risultato di sfasciare l'epilatore e far scaturire dal telefono una nuova risata.

Giro gli occhi verde muschio verso la finestra, le persiane non sono mai chiuse completamente neanche la notte, lascio sempre una fessura, uno spiraglio per un impossibile voyeur, dalle mie parti si dice mettere "gli scuri a casone".

La mia casa è completamente circondata da alte siepi, ed io sto al piano terra, non ci può essere nessuno là fuori, e neanche con un qualche strumento ottico si potrebbe arrivare a vedere qua dentro. 

La privacy totale. 

Assoluta. 

Il mondo cessa di esistere fuori di qua, fuori dal chiarore di quell'unica candela. 

Scruto l'oscurità, il nulla, il vuoto che regna fuori dalla mia stanza, come se lo cercassi là, appostato fra le siepi d'alloro a spiarmi, nascosto dietro l'oleandro, invisibile al fine olfatto dei miei cani, ma non può esserci nessuno. E soprattutto non può esserci LUI! Non può esserci perchè non sappiamo nulla, l'una dell'altro, eppure mi parla come se fosse qua e potesse vedermi, proprio ora.

"Sei proprio una bambina cattiva e disubbidiente. Lo sapevo che non avresti fatto come ti ho detto. Magari ne hai a decine, ma non mi darai mai la soddisfazione di tenerne uno a portata di mano, per quando ti chiamo."

Sento nascere la paura che riagganci, che se ne vada, ma la sua risata ed il tono di voce compiaciuto mi tranquillizzano, così azzardo una domanda.

"E non ti fa incazzare che io non ti ubbidisca, Voce Profonda?"

"Nah. Mi avrebbe deluso che tu avessi davvero fatto quel che ti ho chiesto, bimba. Così non sei sposata, eh? In effetti mi stupirebbe il contrario. Sei una femmina troppo difficile da tenere al guinzaglio, per trovar facilmente marito."

"Il dubbio che io non lo voglia, un marito, ti ha sfiorato? E poi, cosa ti fa pensare di poter essere in grado tu di mettermelo, il guinzaglio?"

Ancora una volta quell'uomo, che in un modo perverso riesce ad arrivare a toccare i punti più segreti della mia mente, scoppia a ridere, ma non è una risata di scherno, è più complicità quella che si avverte nel suo tono.

"No, bimba, non voglio metterti un guinzaglio, io. Io ti sto ammaestrando, ed un giorno sarai tu a chiedermelo, che te li metta, collare e guinzaglio, ma a quel punto non serviranno più."

"Visto che mi conosci così bene, dovresti sapere che non accadrà mai, neanche se lo volessi da impazzire, brutto arrogante bastardo."

"Sta già accadendo e lo sai. Io ti ammaestrerò e tu mi seguirai come una cagna fedele. Tu sei stata fatta solo per essere la mia cagna."

Le sue parole raggiungono il mio ventre ancor prima del mio cervello, ed una fitta, un crampo di desiderio così violento da essere doloroso, mi fa perdere un battito del cuore.

Mi accorgo che non c'è più solo quando ricevo un suo messaggio:

"Hai una voce da sirena, bimba. La prossima volta voglio sentirla molto meglio e molto più a lungo. Inventati qualcosa."

...

Lo vedi, amico mio, che sto mantenendo la mia promessa? 

Sto spogliando la mia mente, la sto vivisezionando innanzi a te, senza pudori e vergogne, senza paure. 

Ti mostro quel che sono, ti accompagno, tenendoti per mano, nel labirinto della mia perversione, della mia follia, e so che ti piace seguirmi. 

So, anzi, che vorresti alzarti dalla poltrona che ho lasciato là fuori per te, vorresti poter scavalcare il davanzale della mia finestra, oltrepassare la tenda, raggiungermi, e provare tu stesso a mettermi alla prova, per scoprire se è vero che sono una bestia selvatica.

Invece, mio caro amico, dovrai accontentarti delle mie parole. 

Che siano esse verità o menzogna, realtà o fantasia. 

Come questo mondo fatto di buio e nebbia. 

Questo mondo, che esiste secondo le mie regole, dove io sono indiscussa regina, e dove ogni cosa esiste solo per mia volontà. 

Ed anche tu sei una mia creatura, ed esisti solo perchè il tuo sguardo cupido mi fa provare un brivido di piacere. E quando mi annoierai, ti cancellerò, e tu smetterai di esistere, assieme a questo mondo che io ho inventato solo per noi due. 

Continua a spiarmi, a seguirmi, e perchè no, a desiderare che vada sempre più a fondo, nella mia follia, almeno finchè te lo concedo. 

Perchè quando giungerà la noia si stabilirà chi sia il vincitore del gioco. 




Ed io non amo perdere. 











21/04/13

Limiti ed eccessi

Ancora una volta la notte è scesa, ed il buio domina questo mondo che io ho creato solo per te, amico mio. 

Io sono qua, davanti alla finestra, parzialmente nascosta da questa tenda pesante, che ho volutamente lasciato socchiusa così che tu, seduto sulla poltrona che ho preparato per te, possa osservarmi, comodamente. 

Senti la nebbia salire da terra, scivolare lungo le tue gambe, salire oltre i tuoi lombi e proseguire sulla pelle della tua schiena fino alla tua nuca, impigliandosi nei tuoi capelli, bagnandoli con l'umidore freddo che ti ricorda che sei ancora vivo, almeno quanto basta per provare paura, per desiderare, per affondare ancora un poco nella mia malattia, nella mia perversione, che sto snudando solo per te, amico mio, solamente per te. 

Sento il tuo sguardo, morboso, scorrere sulla mia mente, e sento che non ne hai abbastanza.

Desideri. Desideri fortemente vedere fino a dove possa arrivare, ma non sarai soddisfatto, non oggi quanto meno, perchè non vi è fine alla mia dannazione, e non vi è limite. 

Io non conosco limiti, anzi meglio sarebbe dire che io conosco benissimo i miei limiti, mi serve conoscerli per potermi spingere oltre, ogni volta più avanti, più in fondo, scavando sempre più in quel baratro oscuro e maledetto che non è altro che la mia mente, la mia perversione. 

"Conosci i tuoi limiti, per rispettarli. Solo così andrai sul sicuro e non correrai mai rischi." Dice la solita vocina, quella saggia, che io mi rifiuto sempre di ascoltare. 

"Conosci i tuoi limiti, per oltrepassarli. Solo così potrai sentirti vivo." Dico io, in risposta. 

Sono folle, te l'ho già detto. Ma la mia è una follia lucida, consapevole. E sono alla ricerca di qualcuno con cui condividerla.

Ero alla ricerca. 

Ora ci sei tu, che mi osservi da fuori della finestra, mi spii. E saperti là mi reca un piacere sottile, puramente mentale, che non conosce limiti, così come anch'io non ho limite alcuno. 

...

Non esistono mezze misure e non esistono sfumature, per me. 

Solo il bianco, la luce, ed il nero, il buio. 

Sono una creatura della notte, delle tenebre. Figlia del peccato e della lussuria. 

Amo le emozioni, ogni emozione. Purchè siano estreme ed eccessive, purchè sappiano farmi tremare. 

Siano esse positive o meno, non ha importanza. 

Mi servono per sentirmi viva. 

Ed il tuo sguardo impietoso, che scorre sui miei pensieri, mi fa sentire viva come poche cose al mondo. 

Se non ci fossi tu, io non esisterei. 

Se non ci fossi io, tu non esisteresti. 

Il nostro è un rapporto malato, ma proprio per questo unico, profondo, speciale. 

Mi sto dando a te in modo completo, assoluto, senza pudori e senza vergogne, e tu accogli il mio dono con cupidigia e bramosia, come un assetato accetta anche l'ultima goccia d'acqua sabbiosa contenuta in un otre ormai secco. 

...

Una notte invernale. 

La nebbia rende impossibile distinguere i palazzi antichi del ghetto ebraico, zona che amo in modo particolare e dove spesso, la notte, mi attardo a passeggiare, da sola. 

Incosciente, incurante dei pericoli. O più probabilmente alla ricerca di un'emozione estrema, eccessiva. 

"Prima o poi qualcuno ti infilerà un coltello nella schiena." Sempre lei, che continua a cercare di portarmi sulla retta via, con ben scarsi risultati. 

La luce bianca dei lampioni trasforma l'aria in latte, e tutto sembra così distante, così vago, così fiabesco; ma non le favole dal lieto fine che si raccontano oggi ai bambini, bensì quelle spaventose che venivano partorite da antiche menti perverse, atte a spaventare, terrorizzare, incupire. 

Passi alle mie spalle. 

Quando io mi fermo, loro si fermano, quando io cammino, loro riprendono. 

Si avvicinano. Sempre di più. Ormai non sono che a pochi metri da me. 

Paura. 

Le tempie pulsano con violenza, sento che le gambe si trasformano in gelatina, fatico quasi a camminare. 

Poi un braccio attorno alla gola, ed una voce all'orecchio. 

"Dammi tutto quel che hai o ti ammazzo." 

In lontananza una macchina sgomma, il tizio si distrae solo un istante, ma è quanto mi basta per scivolare nella sua stretta fino a girarmi e guardarlo in viso. 

E' sicuramente un tossico in astinenza, trema più lui di me. 

Se qualcuno ci potesse vedere, probabilmente sembreremmo solo una coppia di amanti, abbracciati strettamente, nell'istante prima di un lascivo bacio.

Occhi negli occhi, come un serpente che fissa la sua preda. Ed ora che siamo di fronte, non è più chiaro chi sia la preda e chi il predatore. 

E' un attimo poi tutto accade. 

Il mio ginocchio destro impatta contro i suoi testicoli. Con tutta la forza che ho.

Si accascia ai miei piedi, in posizione fetale. 

Lo osservo, dall'alto, e lui dal basso mi guarda, bestemmiando parole sconnesse. 

Io ho paura, ma lui ne ha più di me. 

Impietosa gli sferro un calcio nel fianco, accompagnandomi con un grido. 

Rabbia cieca.

"L'unica cosa che ho è la mia vita, stronzo, e non vale poi molto. Dovevi ammazzarmi subito, ma non sei stato abbastanza furbo da cogliere l'attimo." 

La mia voce, quella che l'uomo del telefono definisce da sirena, in questo istante è un ringhio rabbioso. 

Io sono diventata un animale rabbioso. 

Gli sferro un altro calcio, questa volta cerco di colpirlo nuovamente al basso ventre, già precedentemente offeso dalla ginocchiata, mentre il disgraziato si protegge alla meglio con le mani. 

"Sei solo una gran puttana." Ansima il tossico.

La rabbia svanisce e la quiete di questa notte nebbiosa torna ad impossessarsi di me. 

Semplicemente gli do le spalle e me ne vado. 

Non corro. Lascio che i vicoli e la nebbia mi inghiottano. 

E come ultimo dono gli regalo una risata.

Di scherno. 

Crudele. 



Io sono viva!





Gli uomini passano per essere crudeli, le donne invece lo sono. 
Le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono. 
Friedrich Nietzsche


19/04/13

L'uomo del telefono #2

"Hai fatto come ti ho detto?"

E' notte, e la sua voce riesce a smuovere le corde più intime del mio corpo. 

Non so nulla di lui. Tranne che è un bastardo. Non so nulla, tranne che mi basta sentirlo per precipitare in un vortice di emozioni contrastanti: desiderio e rabbia; ribellione ma al solo scopo di venire costretta ad ubbidirgli. 

"Neanche con una pistola piantata in fronte." 

Mi aspetto uno scatto d'ira, invece scoppia a ridere, una risata calda, persino contagiosa. 

"Lo sapevo che sei una puledra di razza, bimba. L'ho capito come ho sentito la tua voce. Potresti resuscitare i morti, con quella voce. Non è la voce di una sciacquetta qualsiasi, ma di una femmina abituata a far girare gli uomini sulla punta delle dita e ad ottenere quel che vuole." 

"Accidenti, un modo alquanto elegante per darmi della troia. Devo proprio complimentarmi con te, Voce Profonda. Prima ti improvvisi in psicologo da due lire, ora provetto semiotico. La prossima volta che mi chiamerai cosa tirerai fuori, dal cilindro?" 

Ecco, il sarcasmo. La mia arma. L'unica che riesca ad utilizzare, contro questo sconosciuto, che in realtà mi pare di conoscere da sempre. 

"Voce Profonda?" 

Ride ancora, come se il mio sarcasmo ed il tono pungente della mia voce non l'avessero minimamente scalfito. 

"Mi piace Voce Profonda,  perchè è proprio in profondità che voglio arrivare, con te, bimba. Ma non svilirti così. Troia lo hai detto tu, non io. Per me tu sei una femmina con la F maiuscola, a differenza della maggioranza delle donne, che si nascondono dietro falsi pudori e moralismi ormai superati da secoli, e che non sanno neanche cosa significhi godere." 

Non dico niente. Che cazzo si può rispondere ad un simile presuntuoso, che per altro ha il potere di farmi desiderare solamente di lasciarlo parlare e condurmi dove vuole lui?

"Ascoltami bene, bimba. Perchè te lo dirò adesso e poi più. E non amo per nulla dovermi ripetere. Te lo posso anche concedere, un atto di disubbidienza. Ma al secondo io sparisco. E tu torni a cercare quel Roberto del cazzo, di cui non ci frega sega nè a me nè a te. E ad annoiarti." 

Ancora una volta sto zitta. Lui sente che ci sono. Lo capisce benissimo perchè respiro affannosamente, ma non gli do la soddisfazione di sentire la mia voce rotta dal desiderio di farmi sporcare da lui. 

"Domani farai quel che ti ho detto. Comprerai un bel vibratore. Per quando ti chiamerò di nuovo. E quando ti chiamerò, la prossima volta, voglio sentire la tua voce di sirena implorarmi di farti godere. Se farai la brava bambina potrei anche concedertelo." 

Click. 

Se n'è andato un'altra volta. 

Senza un saluto.

Lasciandomi sola. 

Con il desiderio. 

Ormai completamente vittima del suo gioco. 

O forse artefice.


...

E' l'alba, amico mio, e la nebbia fra poco verrà scacciata dal sorgere del sole. Abbiamo ancora poco tempo per noi, ma lo userò tutto per rivelarti un'altra tessera del puzzle che compone la mia dannazione. 

Una delle più importanti, per altro. 

La dicotomia che mi squarcia l'anima in due. 

Sempre straziata fra desideri opposti e contrastanti. 

Desidero, fortissimamente desidero essere libera da ogni vincolo, solo per poter venire imprigionata, per poter così fuggire. 

Desidero, fortissimamente desidero ogni piacere, per potermene privare, per poter così godere della sofferenza che mi impongo. 

Lo vedi, come sono crudelmente perversa e dannatamente cerebrale? 

Capisci com'è difficile e al tempo stesso piacevole conciliare tutti questi aspetti di me e vivere ogni istante un tiro alla fune che minaccia di spezzarmi? 

Perversione 
Depravazione
Insania 

Questi aggettivi sono la costante della mia esistenza e tu, oltre la tenda, comodamente seduto sulla poltrona, hai il privilegio di osservarmi mentre li metto a nudo, uno ad uno, solo per te, che altro non sei che la proiezione della mia malattia. (O io sono la proiezione della tua, non fa differenza) 

Sento il tuo sguardo su di me, e ne traggo un insano piacere. Così grande che ormai so di essere diventata tua succube, e di non potermene più privare. 

Perciò continuerò a giocare con te e a mostrarmi... 



Fra luce ed ombra... 


Fra male e bene... 


Fra Demonio e Santità...